domenica 27 gennaio 2013

Pilastro Themis


Era da un po' di tempo che non scalavo con Stefano e visto che tutti e due da un po’ non arrampicavano, avevamo scelto di fare una via facile: "Caldo Inverno" sulla parete San Paolo ad Arco. In qualche modo si è aggiunto a noi anche l'amico Francesco che in piena attività da climber, non ho ancora ben capito come, ci ha convinti a seguirlo si alla parete San Paolo ma sulla via "Pilastro Themis" che a suo dire doveva essere circa mezzo grado in più della nostra scelta. E’ come andare al mercato convinto di comprare mandarini e tornare a casa con le arance. Già dal primo tiro si capisce che la via per noi  dura e siamo contenti di essere da secondi lasciando andare avanti lui da primo di cordata. Anche se le corde sono dall'alto (quindi in massima sicurezza) i passaggi si fanno sentire, è anche vero che in palestra mi sono allenato ma in ambiente la difficoltà promessa da Grill (primo apritore) c'è tutta. Nei punti critici la roccia è liscia, le scarpette anche se nuove non aderiscono al massimo e in qualche punto devo aiutarmi attaccandomi al rinvio per sicurezza. La via continua sostenuta e le soddisfazioni non mancano: verticalità, strapiombi e tetti sovrastanti ci accompagnano lungo tutto l'itinerario. Il traverso al penultimo tiro mi impegna particolarmente: sono attaccato ad un cordone di via lungo un metro in "A0" e non riesco ad arrivare al prossimo spit per 20 centimetri; tacche per le mani inesistenti, faccio circa una decina di tentativi per raggiungere la protezione con il rinvio ma non riesco. Sono sfinito le braccia cadono da sole, nel frattempo penso a come era riuscito a passare poco prima Francesco e non me lo spiegavo. Alla fine riesco a ragionare quindi allungo il cordone di via con un mio rinvio lungo, riesco comunque ad arrivare al prossimo ancoraggio, allungo quest'ultimo con un altro rinvio per tornare indietro a recuperare il precedente: fatto, posso proseguire. Più in la, più in alto, riesco a vedere che avevo sbagliato tutto ad attraversare sotto, dovevo alzarmi di un metro per trovare buoni appigli su una fessura ed attraversare comodamente. Il resto della via continua fattibile e senza sorprese. E’ la prima volta in assoluto che Stefano ed io siamo da secondi sulla stessa cordata, questo grazie a Francesco Leardi che mi ha fatto mangiare arance, anche se volevo i mandarini: più aspre, più grandi, forse anche un po’ più gustose.

Sempre ad altum.

sabato 5 gennaio 2013

Arrampicata su cascata di ghiaccio


Era da molto che, andando in montagna d'inverno, guardavo con ammirazione e un po’ d’invidia, quei climbers che sfoggiavano quelle bellissime picozze tecniche, molto diverse da quelle che adoperavo io in ambienti pur insidiosi ma sicuramente non così verticali. Oggi però si è presentata l’occasione di fare cascate e non ho esitato nel cogliere l’occasione al volo. L’amico Stefano doveva prepararsi per un corso del CAI e quando ci siamo messi d’accordo per andare vicino a Malga Sorgazza non vedevo l’ora di provare. Dopo un breve avvicinamento ci siamo portati su un settore chiamato Sorgazza Destra, qui una cascata ghiacciata creava tre linee di risalita ma la linea centrale era praticamente inagibile visto lo spessore del ghiaccio ridotto dal passaggio dell’acqua sottostante e dalla temperatura esterna troppo alta. Il primo tiro è sulla linea di destra: supera dei gradoni che con 30 mt di corda guadagna un grosso masso dove si sosta alla base. Stefano porta su la corda da primo ed io rifaccio lo stesso percorso da secondo: la sensazione di avere il corpo sospeso completamente sulle due punte frontali del rampone mi da adrenalina e allo stesso tempo la sensazione che nulla mi possa fermare, la salita comunque è appoggiata e facile. Ci spostiamo poi sul tracciato di sinistra, qui la linea è un po’ più impegnativa con dei muretti verticali, la sensazione che provavo prima ora aumenta, tanto che convinco Stefano a scalare da primo, ora mi sento veramente libero di esprimermi e stranamente non provo angoscia o paura; sono sempre placche verticali e lisce che normalmente su roccia non supero ma qui su ghiaccio riesco a oltrepassare. Faccio mille prove sotto l’occhio vigile del mio compagno alla base che mi rassicura su dubbi e insicurezze operative. La maggior parte dei chiodi sono già stati messi da Stefano, riesco ugualmente a fissarne qualcuno con soddisfazione, anche se la consistenza del ghiaccio in molti punti non è delle migliori. Prima di scendere facciamo alcune prove di sicurezza alla base, poi giù a prendere un ottimo panino in malga accompagnato da una birra dissetante. Facciamo due passi su sentiero innevato nel bosco pensando all’intensa mattinata appena conclusa e già scrutiamo in alto nuove cascate candidate per le prossime ascensioni e come un bimbo appena sceso dalle montagne russe, con la stessa euforia ritorno a casa: forse tornerò presto qui a riprovare quelle emozioni.
 
Semper ad altum.