martedì 20 luglio 2010

Ferrata Lipella Cima Tofana di Rozes

Lunedì 19 luglio Andrea, Enrico (amico di Andrea di Mestre), io e mio figlio Lorenzo di 11 anni, abbiamo preso l'occasione di salire sulla più maestosa delle Tofane: la Rozes con i suoi 3225 metri. Per fare le cose per bene abbiamo deciso di salire per la Lipella, lunga ferrata che si sviluppa tra i punti deboli (ma non facili) della parete sud-ovest sulle tracce della grande guerra, tra cui una galleria semi gradinata lunga 500 metri da fare con la frontale. Con grande impegno e piena soddisfazione da parte di tutti siamo arrivati in cima sgranando gli occhi su Lorenzo che si è fatto valere sopratutto per fiato e gamba, riuscendo così ad integrarsi col gruppo senza essere di peso, anche se gli rompevo le scatole nell'essere più veloce nei cambi dei moschettoni (non vorrei essere troppo di parte vista la stretta parentela). Gli ultimi 200 metri, dal mio punto di vista, sono stati i più impegnativi arrivando sopra col fiatone, ma si dice che la soddisfazione è più grande quanto più è stato l'impegno per raggiungere l'obiettivo e una volta su sembrava che nulla fosse più impossibile, avevamo il mondo sotto di noi. Mangiato un panino ben guadagnato e dopo abbondante integrazione di liquidi, abbiamo scattato qualche foto di vetta per poi scendere su terreno non facile a volte bagnato o con neve fino al rifugio Giussani; poi puntando al rifugio Dibona (punto di partenza), abbiamo cominciato a prendere tutte le scorciatoie possibili, buttandoci a capofitto per ghiaioni. Giunti alla macchina esausti, Enrico si è accorto di aver perso la fotocamera digitale, sicuramente balzata fuori mentre scendavamo rapidi in qualche ghiaione, impossibile capire dove potrebbe essere successo su 500 metri di dislivello dall'ultima foto. Dopo esserci cambiati e abbeverati al Dibona mentre stiamo salendo in macchina un po' abbattuti dal fattaccio, un'onesto alpinista viene direttamente incontro ad Enrico restituendogli la macchina fotografica, in tutta risposta non potendo trattenere l'emozione il nostro amico gli salta in braccio dalla gioia dimostrando a modo suo un'enorme riconoscimento: incredibile ma è successo. La giornata si è compiuta per il meglio, il tempo ha tenuto e noi siamo stati pienamente soddisfatti, ripenso ancora a Lorenzo che ha portato a termine una via che ritengo per me stesso impegnativa e stancante: complimenti Lorenzo e continua così.
Semper ad altum.
Silvan.

martedì 13 luglio 2010

Primo Spigolo della Tofana di Rozes, via Alverà-Pompanin

…dai che vi do qualcosa da leggere alla mattina mentre fate finta di lavorare….. J

Dopo una settimana estenuante, il venerdì passato a casa in malattia, per stare meglio decido che il Sabato devo assolutamente curare l’altra malattia, quella della montagna. Così, anche se la forma fisica non è il massimo, mi lascio convincere da Silvan. Si parte alle 5 da Padova. Destinazione primo spigolo della Tofana di Rozes. Giusto per non strafare guadagnamo l’attacco in meno di mezz’ora contro i quaranta cinquanta minuti previsti dalla relazione, e alle 8.30 siamo già pronti. Fatica sprecata perché in via, davanti a noi, ci sono già diverse cordate. Lascio partire Silvan, sicuramente più in forma e reduce da una uscita in Pendice con Laura la sera prima. Il secondo tiro tocca a me, ma subito ci rendiamo conto che sulla via si è formata una specie di coda tipo esodo di Ferragosto… inutile spingere o tentare improbabili sorpassi, tanto siamo ultimi, non ci resta che metterci a ruota. Così i tiri si susseguono, sempre su roccia eccezionale, proteggibili alla grande ma protetti il minimo indispensabile, mentre noi ci alterniamo a comando della cordata… con l’unica accortezza che i tiri con passaggi duri toccheranno inesorabilmente al mio compagno. Ad un certo punto, ad una sosta, aspettiamo quasi un’ora che venga il nostro turno… la passiamo a guardare e fotografare due cordate di extraterrestri alle prese con vie di un altro pianeta sulla gialla parete del pilastro della Tofana. Il ritmo si rompe inevitabilmente, e di lì in poi rallentiamo anche noi; i tiri che seguiranno saranno un continuo perdere e riprendere una cordata di austriaci che ci precede. Tutto questo fino a una piccola cengia, stretta ghiaiosa e quanto mai scabrosa, che funge da via di fuga per tutte le cordate che ci precedono. Noi invece, stoici e perseveranti, finiamo la via fino alla cima dello spigolo, ma non senza emozioni; prima si incastrano le corde mentre Silvan scala da primo, ed è costretto suo malgrado a farsi scarrucolare su un chiodo per disincastrarle. Poi arriva un temporalone, ma per fortuna, mentre ormai contavamo i minuti che ci separavano dalla bufera, gira verso il Falzarego e ci risparmia una bella lavata. Alla fine anch’io mi sento quanto mai spompato, e gli ultimi due tiri se li cucca Silvan, che arriva raggiante in cima dove attrezza una sosta con chiodi e martello. E alla fine, ultima chicca, estrae dallo zainetto un piccolo treppiede portatile per immortalare con un autoscatto la vetta conquistata! Marianna!! Il pensiero in vetta va agli amici che la domenica prima avevano conquistato il Gran Zebrù… Intanto complimenti a Silvan, e mentre scendiamo prima per cengia esposta e poi per facile mulattiera, penso che, anche se fisicamente non ero al meglio, la mia spompatezza è stata compensata dalla bravura e dall’entusiasmo del mio compagno (che ringrazio ancora). E penso anche che grazie a lui ho realizzato un sogno, e la lunghezza della via ha portato un po’ di requie alla mia voglia di roccia. Pensiero che però è durato poco. Già la domenica la malattia ha ripreso il sopravvento e sono tornato a sognare la prossima avventura.

Alla prossima dunque,