domenica 31 luglio 2011

Via "Paolo Amedeo"

Ci sono delle giornate, e chi va in montagna lo sa bene, in cui tutto gira storto.
Altre invece in cui tutto o quasi sembra andare per il verso giusto.
Il ritrovo è alle 5.30 a S.vito di Vigonza, a casa di Silvan. Meta una via sui lastoni di Formin, per la precisione la Via Bonetti Mezzacasa. "Non arrampico in montagna sopra il terzo grado, da un mese" avevo detto a Silvan la sera prima... così avevamo deciso per la via dei Bolognesi che attraversa nel mezzo le placconate di Formin. Poi il tarlo aveva lavorato, così alla mattina strada facendo propongo a Silvan la via "Paolo Amedeo", sul poco distante torrione Marcella. Qualcuno me ne aveva parlato bene... detto fatto, alle 9.20, dopo 45 minuti di piacevole passeggiata nel bosco a saltare ruscelli, siamo all'attacco. La via è molto piacevole, mai banale, a tratti impegnativa. Ci alterniamo al comando negli otto tiri, che, sempre su roccia abbastanza salda, portano in cima al torrione. R occia abbastanza salda... infatti al quinto tiro Silvan, da secondo, partito da quattro metri, precipita fino alla sosta con dieci chili di dolomia in mano... grazie anche alla mia assicurazione un po' lasca :-) fatto salvo questo piccolo incidente risoltosi senza conseguenze, faccio i miei complimenti al compare, oggi quanto mai attento e preciso, deciso sui tiri che gli sono capitati, per nulla banali. Alle 13.45 siamo in cima al torrione, segue la facile discesa, birra, panino e a casa... Una giornata piacevole, per tirare il fiato. Una bella via e di soddisfazione, un grande compagno con cui condividere la fatica. Come aveva scritto un alpinista famoso "tempo per riflettere, tempo per respirare".
Alla prossima

1 commento:

Anonimo ha detto...

Quando qualcuno si fa male in montagna ho gia tirato le somme pensando di sapere qual'è sato l'errore fatale, quasi a dimostrare che a me non potrà mai capitare: mai più di adesso sono consapevole che questa cosa è completamente falsa. Mi sentivo sicuro, proseguivo tranquillo controllando bene ogni appiglio; sono da secondo, mi alzo rapidamene quattro o cinque metri dalla sosta anche se la corda è lasca sotto di me, vedo due intagli vicini a forma di lama, su quello più a destra c'è uno dei pochi chiodi di via, sul secondo intaglio dò dei pugni (come faccio sempre) per verificare se per caso "canti" da vuoto o si muova qualcosa: sembra solido. E' una bella lama e ne approfitto per fare un movimento in dulfer contrapponendo i piedi in placca, nel momento in cui spingo con i piedi in un istante mi trovo penzoloni a lato della sosta sottostante con mille pensieri che mi passano per la testa mentre il cuore batte all'impazzata. La roccia staccata va giù con un frastuono agghiacciante, io sto bene, non mi sono fatto niente e mi sembra impossibile, la spinta che davo coi piedi mi ha dato distanza dalla parete evitando il peggio. Resto fermo appeso respirando forte cercando di dare una ragione a qualcosa che non avrà mai piena spiegazione, Stefano chiama e lo tranquillizzo, guardo quattro o cinque metri più su: mancano 15 o 20 chili di roccia dalla parete. Riparto verso l'alto col corpo e col morale, l'adrenalina mi aiuta ma gli arti ancora tremanti mi tradiscono: non posso far finta che non sia successo niente. Senza la lama la parete ora è pù difficile, il chiodo a destra è piantato su una lama uguale a quella appena staccata, chissà quanti prima di me si sono issati su quel dulfer, probabilmente anche Stefano... Proeguo cercando di normalizzare mente e corpo, la via (e la vita) continua, riesco comunque in breve a divertirmi ancora, ad arrampicare smpre più tranquillo, trovando ancora una volta il motivo della mia passione, grazie anche a Stefano grande amico d'avventura. Un solo pensiero mi turba ancora: e se fossi stato da primo quel chiodo avrebbe tenuto?

Semper ad altum
Silvan

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