venerdì 3 giugno 2011

Col dei Bos, via Alverà Menardi

Ore 4 e 20: La montagna chiama ed io da bravo soldato rispondo. Siamo in tre stamattina a rispondere alla chiamata: Stefano, Alessio ed io; anche se è presto, anche se siamo assonnati, anche se le previsioni non sono delle migliori, noi ci siamo perché quando la montagna chiama, lo fa in maniera autorevole e non ti puoi rifiutare. Col dei Bos, via Menardi Alverà, Stefano parte ma non è convintissimo, lo stimoliamo senza molto successo, probabilmente non ha fatto una gran notte, lo si vede dall’espressione. Intanto ci ha portati fino alla 5° sosta e mentre medita di cedermi il posto al passaggio chiave del 6° tiro trovo, non so come, le parole giuste per convincerlo a provarci e qui accade il miracolo: quando lo raggiungiamo superando il camino e la successiva fessura a fatica fino alla sosta, lo vediamo completamente risvegliato, con Alessio arriviamo alla conclusione che gli abbia fatto bene un po’ di adrenalina. A questo punto tocca me e arrivo abbastanza agevolmente alla 12° sosta, intanto il tempo si alterna con nuvoloni, pioggerellina e schiarite, in molti tratti il vento e il freddo si fa sentire anche con il pail antivento, soprattutto quando spesso si nasconde il sole; guardando Alessio che veste con una magliettina tecnica e il senzamaniche del GASP, non capisco come riesca a sopportare quel clima. Esco dalla nicchia su uno stretto camino alla 13° lunghezza, la relazione parla di soli 8 metri elettrizzanti. Mi alzo e con casco e torace incastrato mi dimeno inutilmente per salire ulteriormente: dentro la fessura non si passa; mi porto all’esterno e con movimenti amorfi e innaturali mi trovo come un tappo tra la roccia, insistendo riesco a risalire tra imprecazioni e lo sguardo sbigottito dei miei amici che, ripercorrendo poi la stessa traccia, comprendono a loro spese lo strano passaggio da circo. Comincia a piovigginare nuovamente, ma che importa, ancora un ultimo facile canale e siamo fuori dalla via, torna di nuovo il sole. Sopra al Col dei Bos è meraviglioso: un prato pianeggiante con qualche masso bianco qua e la, ad Est sovrasta lo sguardo imponente la Tofana di Rozes con la parte alta ancora bianca, sembra quasi di poterla toccare da quanto grande è. Dopo questa via, essere qui sopra e stringerci la mano prende un valore maggiore, ci sentiamo in sintonia anche con noi stessi, il detto “tocco il cielo con un dito” mi piace pensare sia stato inventato su una di queste alture. Resta da fare la solita procedura standard: qualcosa da mettere nello stomaco, foto di vetta, corde e zaini in spalla e giù per il facile sentiero aggirando le chiazze di neve restate sul crinale. Ore 17.00, la nostra missione l’abbiamo adempiuta alla grande, la montagna ci da la libera uscita, siamo consapevoli che potrebbe chiamare al più presto.


Semper ad altum.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

commento al volo: bellissima salita in compagnia, a tratti impegnativa, ottima giornata con il cielo che a tratti si apriva ma generalmente era coperto. Grande Silvano, da quando hai preso il comando sella cordata la velocità è aumentata, io mi sono "svegliato" al 6 tiro. Complimenti anche a Alecito che sta tornando quello dei tempi d'oro. a presto x la prossima via insieme!

Anonimo ha detto...

Non fate troppo i ganzi, le cronache alpinistiche devono essere essenziali ed oggettive.

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