domenica 2 maggio 2010

Monte Cengio

Ossia come pochi metri di arrampicata sul marso ti riportano con i piedi per terra (in senso metaforico). Partiti prestino da Padova, diretti verso l’altopiano di Asiago, Alessio Silvan ed io, abbiamo raggiunto velocemente gli attacchi delle vie sulla parete sud del Cengio, monte sacro alla partia per via dei combattimenti della guerra 15-18. Parto io sulla via dal Bianco, primo tiro V/V+ secondo la fotocopia della relazione. Mi alzo pochi metri da terra, e dopo un chiodo e un dado “psicologico”, non mi sento sicuro per via del marsume che mi attende e non riesco a decidermi per proseguire. L’invito al cambio dai miei compari di sotto giunge come il canto delle sirene. Incontriamo intanto tre “indigeni” che si accingono a fare un’altra via lì vicino, e, crocs ai piedi, ci dicono che si può raggiungere la sosta del primo tiro anche camminando per facile cengia. Ma ormai la corda è su, io lascio il posto a Silvan, che supera di slancio il punto da me raggiunto, arriva a due chiodi un po’ sopra, si alza di altri due metri e si trova a fare i conti con una frana verticale. Decide di scendere fino all’ultimo chiodo, gli scappa una mano, un piede, quasi vola, ma riesce miracolosamente a raggiungerlo. Veloce scarrucolamento su maglia rapida già in loco e partenza per la fantomatica cengetta. Peccato che ad un certo punto la cengia finisca e per raggiungere la sosta si deva fare un traversino esposto di 15m di quarto, più scalare un po’ di muretti erbosi. Noi non abbiamo i crocs ai piedi, e, con il morale sotto i tacchi, decidiamo allora di fare la via anaconda, un po’ più sostenuta ma su roccia ottima. Riparte Silvan, la roccia è veramente ottima, ma anche il grado si fa sentire. Dopo una quindicina di metri lo calo e riparto io. Riesco a raggiungere in azzero selvaggio il punto da dove l’ho calato, ma poi cedo di fronte al fatto di dovermi staccare dall’ultima protezione. A quel punto decidiamo di cambiare sport, e ci dedichiamo alla visita culturale dei resti di guerra in loco e poi andiamo al bar ad annegare la sconfitta. Che dire ancora, dovendo trovare un lato positivo all’uscita… che abbiamo visto un posto nuovo, un ambiente sicuramente impressionante e suggestivo, che forse le vie erano un po’ “sottogradate”, che devo prendermi i crocs…. Diciamo che ogni tanto una sconfitta fa bene, aumenta la motivazione, oggi stesso avrei voglia di tornare di nuovo a fare anaconda e finirla (ma per fortuna è brutto tempo, anche xchè probabilmente non ci riuscirei). Ringrazio i miei compari per la compagnia e la pazienza. Alla prossima.

2 commenti:

Andrea ha detto...

Via per niente banale (vista nella guida)....quindi bravi ragazzi.....e come hai detto tu, un ritiro non è una sconfitta ma una possibilità di riprovare!!!

Anonimo ha detto...

Mi sono comprato una rivista di cavalli, ma forse neanche l'ippica fa per me. Penso che continuerò ad arrampicare, voglio dar retta al ragazzo trovato al bar che ci visti tornare alle auto confermando le nostre ipotesi sul personaggio della guida che abbiamo incontrato, i suoi amici scherzavano sul fatto di rinchiuderlo, io un pensierino serio l'ho fatto. Grazie a chi era con me che ha condiviso i miei sentimenti, dopo tutto come avete detto voi non è una sconfitta.
Semper ad altum.
Silvan.

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