giovedì 5 marzo 2015

Il Profondo Rispetto dell’Indria

Bella via, bella linea, con movimenti di soddisfazione.
In genere si dice sempre così quando a via ultimata si da una valutazione calcolata a quella che è stata una via impegnativa. Effettivamente sotto qualche fessura o qualche diedro ho pensato al significato della parola “coraggio” mentre una strana sensazione mi scorreva dall'inguine al ginocchio e per contrastare l’orgoglio cercavo di spiegarlo con l’incoscienza (come mio padre interpreta la mia passione). Infatti, mi viene in mente quando ero piccolo: la voglia che avevo di arrampicarmi su dappertutto e la paura che mi veniva solo dopo quando ero già alto; in questo caso è diverso, ne ho viste di peggiori, so di potercela fare, dico tra me cercando di convincermi. Pensavo anche a mia moglie che non riesce a spiegarsi perché faccio certe cose, secondo lei dovrei sfruttare la forza e la mente verso la sistemazione del giardino o di casa mia, non cercando di superare pareti improbabili raggiungendo il nulla (ha ragione?). In un diedro/fessura ho perfino pensato di attribuire il mio nome ad un nuovo modo di arrampicare, stanco della continuità della fessura tutta di avambracci, dovevo scegliere tra il volare o di incastrarmi in qualche maniera, optando per la seconda mi son trovato faccia a valle con un ginocchio che faceva da nut gigante incastrato in fessura sostenendomi tutto il corpo: arrampicata alla Silvan; Dulfer ha dato il nome alla sua tecnica, perché non posso farlo anch'io (a volte soffro di megalomania?!?!). Laura ha deciso di seguirmi, anche se reduce da un incidente, costretta da un bustino che non le dava vita facile, tenendo conto che in molti tratti, noi nani, dovevamo allungarci molto sia per assicurarci che per dei passaggi fatti per stangoni (forse perché è stata aperta da Grill). E’ proprio vero che la valutazione cambia da quando stai facendo un passaggio difficile a dopo che l’hai fatto, tra apnea interrotta da imprecazioni, muscoli tesi che tendono ad esaurire la forza in tempi brevissimi e passaggi riusciti con un equilibrio al limite, si passa a frasi del tipo: ”Be’ non era poi così difficile”! Oppure: “Più facile del previsto”! Sottovalutando il passaggio, probabilmente per non affondare l’autostima o per scaramanzia, fatto sta che sei passato dove prima sembrava impossibile. A parte l’ironia, questo bel tracciato ha dato a me e Laura oltre alle grandi soddisfazioni, nuovi stimoli; riprendendo il significato delle parole nel nome della via, veramente apre i sensi per una pace interiore e un ricordo duraturo nel tempo. Riassumendo: bella via, bella linea, con movimenti di soddisfazione.

Semper ad Altum

domenica 21 dicembre 2014

Calliope


Oggi si parte tardi, Laura smonta notte. Vietta corta ad Arco: Calliope sulla parete San Paolo, facile è adatta anche per Lorenzo che oggi è dei nostri. Parto da primo, i due tiri iniziali caratterizzano la via dandole uno stampo dolomitico con due camini: il primo facile appoggiando la schiena e gambe in avanti, il secondo più tecnico in alto si butta verso l'esterno, un po' più difficile soprattutto l'uscita dove ci si alza piano sulla roccia un passetto alla volta rubando centimetri verso l'alto. I secondi mi raggiungono pian piano, le corde sono recuperate poco alla volta, dall'alto tengo sicurezza corta, sicuro della difficoltà che stanno affrontando. Il terzo tiro è un diedro con tettino finale che non si prende diretto ma si  passa sotto per sbucare a lato e quindi si rimonta sopra per la sosta. Poi mi dà il cambio da prima Laura, la vedo salire con la voglia di chi si vuole riscattare da una precedente salita con rientro forzato in doppia a causa di un mio volo maldestro sulla via Barbara. Scorrono veloci le gemelle sui rinvii, placche a gocce e piccoli strapiombi non fermano ne lei ne le vibrazioni positive che mi arrivano fino al mezzo barcaiolo della sosta. Seguo mio figlio con attenzione e come il mago insegna l'agilità del trucco al suo apprendista, così anch'io cerco di ispirare Lorenzo cosicché in breve riesca la dove io mi fermo. Rapidamente usciamo dalla via col sentimento comune di chi ha fatto qualcosa di importante con autostima a mille e dopo un doveroso autoscatto a tre, scendiamo veloci verso il centro di Arco dove ci aspetta un meritato trancio di pizza fumante. Camminiamo tra la gente come se fossimo gli unici rimasti in paese, un benessere generale ci avvolge creando un isolante invisibile tra noi e il mondo esterno; ogni volta dopo aver arrampicato provo sempre la stessa strana e piacevole sensazione di aver acquisito più forza, più esperienza, pronto per affrontare qualsiasi cosa o forse soltanto pronto per affrontare il tram-tram della vita normale di ogni giorno.

domenica 9 marzo 2014

La Piccola Verticalità


Oggi c'è il sole,
 il popolo dei rampicanti sono tutti in parete a fare il proprio dovere, si è ricordato di questo sport anche chi non lo faceva da tempo. Sulle vie facili e di media difficoltà c'è la coda alla base e anche noi, sulla via che volevamo fare, altre cordate arrivate prima aspettano il loro turno e quindi ci spostiamo su un altro tracciato, anche qui comunque c'è gente.
Oggi c'è il sole,
si arrampica bene col maglioncino leggero; partito da primo di cordata prendo contatto con la roccia quasi calda stanco di questi tempi umidi ormai passati e mi muovo con l'animo meteoropatico, col sorriso, su placche e strapiombi tirando le corde che seguiranno sotto di me Stefano e Andrea.
Oggi c'è il sole,
non importa se si fa fatica, la gomma nera delle scarpette scaldandosi si spalma bene sulla roccia dando sicurezza, è un piacere afferrare con le mani questa roccia così integra, così sana.
Oggi c'è il sole,
la roccia lascia trasudare l'acqua caduta nei giorni passati incanalandola sul punto di comune passaggio con la nostra linea di accensione e Stefano, ora capocordata, con le mani bagnate scivola tentando di superare il punto più debole di un tetto, utili friends in A ZERO aiutano la progressione.
Oggi c'è il sole
e nel pomeriggio si è alzato anche il vento; l'entusiasmante via è ormai conclusa e una scivolata da secondo non mi fa passare il buon umore. Lungo la salita abbiamo evitato dei sassi mossi da quelli sopra di noi e uno di questi riesco a prenderlo su una spalla e penso già al lungo rientro che mi aspetta con la spalla dolorante, ma tanto che importa:
oggi c'è il sole.
 
 
Semper ad Altum

lunedì 17 febbraio 2014

Tentativo al Diedro Martini


Sabato 15 febbraio sembrava il giorno giusto per affrontare il Diedro Martini con Laura e con tutte le convinzioni del caso, attacchiamo il caratteristico gran diedro canale. Per il tardo pomeriggio dovrebbe piovere, per sicurezza alle prime luci siamo già in posizione e con nostra delusione ci si presenta una linea bagnata da scivoli d’acqua; non importa mi sono già trovato in queste condizioni: i primi tiri sono facili possiamo farcela, poi si vedrà il da farsi sperando bene che i tiri sopra la cengia siano asciutti. Saliamo con difficoltà ovvie le prime lunghezze da 50 / 55 metri, l’ambiente è severo, alpinistico, con protezioni lunghe a volte roccia non proteggibile, tratti oltre che bagnati anche friabili, scariche di sassi che sibilano intorno a noi ci tengono sull’attenti scegliendo linee nuove con soste improvvisate per  proseguire sicuri il più possibile. Arrivati alla grande cengia che divide lo scudo dagli strapiombi, ci accorgiamo che la situazione non migliora, anzi una volta fatti un paio di tiri a fatica su fango erba e rocce rotte, una semplice liscia placca di quarto grado essendo bagnata non ci permette di andare oltre senza rischiare. Da quella posizione poi si notava bene che la parte superiore era anch'essa tutta bagnata e da coscienziosi scalatori decidiamo di scendere avendo sfidato fin troppo la sorte. Cinque doppie, due risalite per corda impigliata e due maglie rapide con tutte le difficoltà delle corde fradicie, ci hanno permesso di scendere prima che cominciasse a piovere alle 16.00. Restano tre cose di questa esperienza: la prima: l'amaro in bocca per non essere riusciti a terminare la via; la seconda: la consapevolezza di potercela fare perché asciutta è una via favolosa; la terza: un ringraziamento e ammirazione per la mia amica e compagna d’avventure Laura che ha superato con coraggio e determinazione momenti difficili e impegnativi.


Semper Ad Altum

sabato 15 giugno 2013


Ceneri nel Vento

 Finalmente vedo Campogrosso libero da neve e la voglia di salire lì da qualche parte si fa sentire. La via scelta è Ceneri nel Vento che oltrepassa centralmente il Baffelan superando un repulsivo strapiombo nella parte alta del tracciato. I tiri di corda sono delle belle placche impegnative fino al sesto grado, anche se la roccia non è delle migliori, tant’è che anche tastando bene la roccia, si è levato un pezzo dove avevo il piede d’appoggio restando appeso con un braccio, per fortuna su presa buona e da primi di cordata non è mai bello. Poi si arriva al tetto strapiombante: da sotto fa veramente impressione, non viene subito la voglia di oltrepassarlo, pensavo che era meglio dare ascolto ai Rampegoni che consigliavano di uscire per la più facile Carugati o la Carlesso deviando alla cengia appena oltrepassata. Ma la voglia di passare con le staffe portate appositamente è più forte e con la pazienza del buon Stefano, impiego 40 minuti buoni per fare 25 metri ma con grande soddisfazione esco sopra lo strapiombo su sosta comoda con i sentimenti di chi ha conquistato un 8000. Stefano mi raggiunge velocemente smontando gran parte del mio ego così difficilmente conquistato, mi rendo conto che le staffe non sono il mio forte, comunque la via vale la pena di farla per questo tratto così adrenalinico. L’ultima parte me la devo ricordare a fatica solo per riportarli in questa traccia, rimossi quasi completamente per la pericolosità; l’ultimo tiro su 45 metri ho potuto assicurarmi solo su 3 punti saldi, uno dei quali era una fettuccia su una radice di mugo. Gli ultimi 10 metri mi sentivo come un gatto che vuole risalire uno scivolo per bambini, a gattoni tra erba e sassi in forte pendenza, poi finalmente la croce sommitale e, come un convertito, abbraccio la croce salda sulla roccia e mi assicuro su di essa in tutti i sensi con un ringraziamento. Quando qualcuno parlerà di friabile d’ora in poi avrò un nuovo riferimento: l’ultima parte della via Ceneri nel Vento.
 
Semper ad altum.

lunedì 3 giugno 2013

DIEDRO MANOLO

Dopo molto tempo finalmente io e Silvan ci mettiamo d'accordo per fare questa via... Tanto aspettata e desiderata... Un po' emozionati quando parcheggiamo la macchina partiamo alla ricerca dell'attacco che stranamente troviamo subito e senza grossi problemi...la parete era stupenda davanti ai nostri occhi e individuata la via siamo partiti convinti.
roccia quasi sempre ottima...il tetto impegnativo ma il mago lo supera bene e continua proteggendo di qua e di la ad andare su da primo come un fulmine... Il diedro uno spettacolo davvero, impegnativo ma di grande soddisfazione i movimenti mai uguali, sempre alla continua ricerca del passaggio, sempre a spingere sui piedi e toccando tutta la roccia nella sua bellezza...
Una via molto particolare, di gran bellezza sia per la linea di salita che per i diversi movimenti e di fantasia che richiede....
Una cordata bella fatta dai rossi che hanno scalato proprio bene, concentrati ma divertiti dalla via!!
grazie Silvan un regalo inaspettato bellissimo!!alla prossima.


Scritta da Laura e postata da Silvan.

lunedì 25 marzo 2013


L’amante
Questo sabato sono tornato da lei, mi aspettava. Mia moglie a volte scoppia in scene di gelosia ma si è rassegnata: ha capito che senza di lei vivo solo a metà. Alta, bella, linee sinuose, la sfioro e non vorrei essere volgare ma mi piace scoprirla soprattutto nelle sue fessure laddove il palmo riesce a trovare incavi o, dove la mano si appoggia bene. E’ molto lunatica, col brutto tempo diventa irascibile e repulsiva, meglio stargli lontano quando piange, ma col bel tempo cambia tutto si veste di colori sgargianti, solare e radiosa,  ha una luce diversa e t’invita a starle appresso, s’instaura un bel filing personale, amabile con le prime luci del mattino e della sera. Ho notato che col bel tempo altri la frequentano e gli stanno vicino ma il mio rapporto con lei, unico e pur sincero, mi permette di non essere geloso. Quando sto con lei il tempo passa velocemente, tutto il resto perde di valore, non mi interesso più di niente se non di cogliere tutto il meglio che mi offre anche involontariamente, mi dimentico anche di mangiare. Pretende che io abbia un’etica, delle regole, che la rispetti; a volte devo essere delicato e a volte irruento, un passo alla volta, è un lavoro continuo che si capisce e si perfeziona pian piano. Ogni volta che mi allontano da lei mille sono i pensieri e già la nostalgia che mi prende e mi fa promettere il ritorno: “A presto mia bella parete rocciosa, sarò a breve nuovamente tra le tue grazie ”.

Semper ad altum

mercoledì 6 febbraio 2013

Via Athene

Ancora ad Arco, ancora in parete San Paolo, ancora con Francesco, ancora su una via difficile (almeno per me), ancora da secondo su una cordata a tre, insieme con me Valerio. Ultimamente mi trovo su vie, dove riesco a testare a fondo le mie capacità grazie al primo di cordata che m’incoraggia ad osare di più. La via è una linea logica che vince con grandi soddisfazioni la parte più alta della repulsiva parete San Paolo. Sin dai primi tiri mi muovo piano e delicato, guardo giù e mi sembra impossibile di essere passato poco prima di sotto tanto è verticale. I punti più difficili sulla relazione sembrano riuscire, altri posti invece mi fermo un po’ per capire come passare: una parolaccia non basta per giustificare un A0, quasi un’ammissione di colpa. Scarpette che si spalmano sul calcare cercando di aderire sulle rugosità presenti, dita che palpano la superficie scoprendo presette e reglette che l’inclinazione dell’occhio troppo vicino alla parete non riesce a vedere. E’ un’arrampicata diversa da quella che sono abituato, a volte gli occhi mi ingannano giurando che non posso passare, non è vero, c’è ancora qualcosa per far presa e passare oltre. Ancora una volta guardo giù ed è ancora più impressionante di prima, cade un sassetto e resta nel vuoto quasi fino a terra. Riesco a spaccarmi la pelle di un dito su una rugosità, per fortuna non mi da fastidio e continuo come se non fosse successo niente, senza dar peso alla cosa. Valerio mi accompagna da buon consigliere proponendomi movimenti dove la difficoltà si fa sentire, il nostro leader invece continua a farsi dare corda costantemente, sembra stia raccogliendo soldi per la strada e qua e la vede il bottino, si ferma lo stretto necessario per raccoglierlo e prosegue oltre. Questa via rispetto alle sorelle vicine presenta qualche tiro in più, usciamo un po’ più tardi del solito, il vento si è alzato, comincia a cambiare il tempo e in giro stranamente non c’è nessuno, di solito col bel tempo in parete c’è movimento, solo una cordata si intravede ancora a metà parete, sono fermi forse stanno giustamente meditando di scendere in doppia. Siamo ormai dai Bressan, un locale che dire tipico è riduttivo, con un arredamento che si è fermato nel tempo insieme ai suoi gestori e ai prodotti offerti. Chiudo gli occhi e mi rivedo in via nei momenti più intensi e già ho nostalgia della parete ma son contento di essere al caldo a rifocillarmi,  sento di essere stanco, intanto ci raccontiamo le nostre emozioni mossi da un obiettivo comune che ci obbliga a pensare ed agire con una mentalità ottusa che ha come filo conduttore l’arrampicata e un’altra “ombretta” di vino intanto ravviva sui nostri volti la contentezza del nostro vissuto.

Semper Ad Altum

domenica 27 gennaio 2013

Pilastro Themis


Era da un po' di tempo che non scalavo con Stefano e visto che tutti e due da un po’ non arrampicavano, avevamo scelto di fare una via facile: "Caldo Inverno" sulla parete San Paolo ad Arco. In qualche modo si è aggiunto a noi anche l'amico Francesco che in piena attività da climber, non ho ancora ben capito come, ci ha convinti a seguirlo si alla parete San Paolo ma sulla via "Pilastro Themis" che a suo dire doveva essere circa mezzo grado in più della nostra scelta. E’ come andare al mercato convinto di comprare mandarini e tornare a casa con le arance. Già dal primo tiro si capisce che la via per noi  dura e siamo contenti di essere da secondi lasciando andare avanti lui da primo di cordata. Anche se le corde sono dall'alto (quindi in massima sicurezza) i passaggi si fanno sentire, è anche vero che in palestra mi sono allenato ma in ambiente la difficoltà promessa da Grill (primo apritore) c'è tutta. Nei punti critici la roccia è liscia, le scarpette anche se nuove non aderiscono al massimo e in qualche punto devo aiutarmi attaccandomi al rinvio per sicurezza. La via continua sostenuta e le soddisfazioni non mancano: verticalità, strapiombi e tetti sovrastanti ci accompagnano lungo tutto l'itinerario. Il traverso al penultimo tiro mi impegna particolarmente: sono attaccato ad un cordone di via lungo un metro in "A0" e non riesco ad arrivare al prossimo spit per 20 centimetri; tacche per le mani inesistenti, faccio circa una decina di tentativi per raggiungere la protezione con il rinvio ma non riesco. Sono sfinito le braccia cadono da sole, nel frattempo penso a come era riuscito a passare poco prima Francesco e non me lo spiegavo. Alla fine riesco a ragionare quindi allungo il cordone di via con un mio rinvio lungo, riesco comunque ad arrivare al prossimo ancoraggio, allungo quest'ultimo con un altro rinvio per tornare indietro a recuperare il precedente: fatto, posso proseguire. Più in la, più in alto, riesco a vedere che avevo sbagliato tutto ad attraversare sotto, dovevo alzarmi di un metro per trovare buoni appigli su una fessura ed attraversare comodamente. Il resto della via continua fattibile e senza sorprese. E’ la prima volta in assoluto che Stefano ed io siamo da secondi sulla stessa cordata, questo grazie a Francesco Leardi che mi ha fatto mangiare arance, anche se volevo i mandarini: più aspre, più grandi, forse anche un po’ più gustose.

Sempre ad altum.

sabato 5 gennaio 2013

Arrampicata su cascata di ghiaccio


Era da molto che, andando in montagna d'inverno, guardavo con ammirazione e un po’ d’invidia, quei climbers che sfoggiavano quelle bellissime picozze tecniche, molto diverse da quelle che adoperavo io in ambienti pur insidiosi ma sicuramente non così verticali. Oggi però si è presentata l’occasione di fare cascate e non ho esitato nel cogliere l’occasione al volo. L’amico Stefano doveva prepararsi per un corso del CAI e quando ci siamo messi d’accordo per andare vicino a Malga Sorgazza non vedevo l’ora di provare. Dopo un breve avvicinamento ci siamo portati su un settore chiamato Sorgazza Destra, qui una cascata ghiacciata creava tre linee di risalita ma la linea centrale era praticamente inagibile visto lo spessore del ghiaccio ridotto dal passaggio dell’acqua sottostante e dalla temperatura esterna troppo alta. Il primo tiro è sulla linea di destra: supera dei gradoni che con 30 mt di corda guadagna un grosso masso dove si sosta alla base. Stefano porta su la corda da primo ed io rifaccio lo stesso percorso da secondo: la sensazione di avere il corpo sospeso completamente sulle due punte frontali del rampone mi da adrenalina e allo stesso tempo la sensazione che nulla mi possa fermare, la salita comunque è appoggiata e facile. Ci spostiamo poi sul tracciato di sinistra, qui la linea è un po’ più impegnativa con dei muretti verticali, la sensazione che provavo prima ora aumenta, tanto che convinco Stefano a scalare da primo, ora mi sento veramente libero di esprimermi e stranamente non provo angoscia o paura; sono sempre placche verticali e lisce che normalmente su roccia non supero ma qui su ghiaccio riesco a oltrepassare. Faccio mille prove sotto l’occhio vigile del mio compagno alla base che mi rassicura su dubbi e insicurezze operative. La maggior parte dei chiodi sono già stati messi da Stefano, riesco ugualmente a fissarne qualcuno con soddisfazione, anche se la consistenza del ghiaccio in molti punti non è delle migliori. Prima di scendere facciamo alcune prove di sicurezza alla base, poi giù a prendere un ottimo panino in malga accompagnato da una birra dissetante. Facciamo due passi su sentiero innevato nel bosco pensando all’intensa mattinata appena conclusa e già scrutiamo in alto nuove cascate candidate per le prossime ascensioni e come un bimbo appena sceso dalle montagne russe, con la stessa euforia ritorno a casa: forse tornerò presto qui a riprovare quelle emozioni.
 
Semper ad altum.

domenica 18 novembre 2012

Due Spigoli


Gran bella giornata quella di Sabato che ci ha visti impegnati in una via molto bella sopra il lago di Massenza. Il vento, il freddo con temperature vicino allo zero e soprattutto una schifosa colazione improvvisata in un bar lungo la strada, non ci hanno impedito di cominciare la via "Due spigoli". Da sotto la via si nota bene poiché si sviluppa su una rampa che assomiglia ad un'autostrada diretta verso il cielo; dopo questa, un traverso a sinistra permette di raccordare un secondo spigolo più su che si sviluppa sulle ultime due lunghezze. Il tracciato è continuo e ritmico (ved. H. Grill) e ci ha regalato emozioni su tutto il percorso a tutt'e due le cordate: Giuliano con Nicola e Francesco con me, soprattutto sul traverso sotto il secondo spigolo dov'è i nostri avambracci hanno dovuto lavorare bene in A 0 mettendoci alla prova. Resta un'esperienza e un'appagamento pieno che resta bagaglio psicologico e fisico per prossime ascensioni. Grazie ai miei amici di cordata e d'avventura che m'hanno regalato una splendida giornata.

Semper ad altum.

giovedì 23 agosto 2012

Drago

Drago

Il drago per me si è svegliato,
immobile fingeva sembrava morto;
i suoi denti aguzzi mi ha mostrato,
l'avevo sottovalutato e avevo torto.

I mentori per me avevano avvertito:
in punta dei piedi ti devi avvicinare;
affascinante il suo corpo così appuntito, 
ma facile non è come può sembrare.

Su di esso convinto comincio a salire,
la sua linea perfetta ricorda un serpente,
silente e sinistro con squame a pulire,
pellaccia a solchi per attaccarsi abilmente.

"Avanti convinto" urla l'amico e l'eco a valle,
capire bisogna l'arrampicata sulla schiena,
con curve segrete per raggiunger le spalle,
non sbagliare, pena: sinistra ritirata piena.

La testa insidiosa è ormai ancorata
ma finita non è finchè non si è scesi;
la chimera non dev'esser decapitata
vinta ci segue con occhi ancora accesi.

Il drago per me si è svegliato,
immobile fingeva sembrava morto;
la corda è sul collo: è stato domato,
l'ho cavalcato e non ne avevo torto.

Semper ad Altum.

domenica 13 maggio 2012

pilastro Soldà Baffelan

La decisione di partire la mattina presto perchè il tempo doveva cambiare nel pomeriggio e la festa a sorpresa organizzata per Silvan la sera ci ha fatto decidere per la via del pilastro Soldà....
Avevo già provato ad attaccarla ma un rovinoso volo mi ha fatto restare la paura di quella roccia, di quella via che tanto volevo ma che incuoteva in me tanto timore....ma con voi me la sono sentita e così ci ho provato.....
Una via dalle mille facce, bellissimi passaggi, fessure, diedri, camini, la roccia un po' così a tratti ma per il resto magnifica, il sole che ci ha abbrustolito e nn poco e quella pace che quelle montagne e il panorama sanno infondere...
Con la concentrazione, l'adrenalina, un po' di paura, qlc consiglio, il sapere che a farmi sicura c'eravate voi Silvan e Lorenzo, tutto ciò ha fatto si che ce l'ho fatta e la mia prima via da prima lassù c'è stata....
Quante risate, quanti sguardi, la voglia di farla e il muoversi delicatamente su quella parte di montagna che è così incombente e così vera da laggiù mentre da lassù ti da una vista mozzafiato...
la birra e il panino nel rifugio per poi tornare per portarti alla tua festa di compleanno...era bello sapere e che tu nn sospettassi niente...la tua faccia alla festa ha detto tutto..sorpresa, gioia, emozione, stanchezza ma felicità..un bel mix di emozioni in una giornata importante!!!grazie amici miei!!!!!e alla prossima eh....ormai la si fa!!!!!!
laura

venerdì 23 marzo 2012

Via Caliari (Variante Primavera)

Avevamo già tentato di arrivare all'attacco di questa via, ma senza successo: avevamo lottato per ore in mezzo alla boscaglia senza trovare il nostro obiettivo, vista l'ora avevamo ripiegato su una via più corta alle Placche Zebrate, Laura, Lorenzo ed io.Oggi siamo di nuovo sulle tracce di questa via noi 3 insieme con Giuliano (un amico della palestra), stavolta leggendo bene più relazioni siamo finalmente giunti all’attacco giusto grazie anche dall’esperienza che ricordavo vagamente della via Calliari originale. Notiamo subito alla partenza qualcosa che segnerà più della metà del nostro itinerario: rocce rotte e instabili e con attenzione arriviamo alla nostra prima sosta senza pensieri. Si continua su una bella fessura che diventa poi un diedro, i movimenti sono belli e puliti, la soddisfazione non manca; al termine del diedro leggermente obliquo a sinistra esco con un bel movimento su una gran placconata, traverso delicato e sosta su albero, lascio anche una fettuccia ancorata sull’unica pianticella presente sul passaggio anche se tirando troppo probabilmente uscirebbe. E’ la prima volta che vedo Giuliano arrampicare e se la cava bene superando con maestria le difficoltà che incontra, Lorenzo (in cordata con me) segue tutti i miei passi anche se difficili, Laura è legata con Giuliano, ho fatto molte vie con lei e mi fa un certo effetto che sia legata con qualcun’altro, comunque come al suo solito le difficoltà non la spaventano. Il terzo tiro il più difficile secondo la guida che recita: ”Dalla sosta traversare a destra utilizzando la grande fessura sino a raggiungere la piccola fessura svasata che sale in obliquo verso sinistra”. Giuliano ed io guardiamo bene con attenzione perdendo un sacco di tempo ma questa fessura svasata che sale non la vediamo proprio, allora tento di risalire più a destra su terreno franoso insidioso, trovo poi un chiodo artigianale datato sicuramente fuori via e come aria dopo una lunga apnea mi assicuro subito. Continuano a cadere intanto pezzi di roccia e purtroppo si leva anche una grossa roccia da sotto il mio piede trovandomi penzolante come un salame su un bidito che mi salva da un volo, tutto bene dunque sennonchè il sasso staccatosi si schianta addosso a Giuliano colpendo fortunatamente il casco, siamo un po’ sconvolti ma stiamo tutti bene e decidiamo di proseguire. Dopo 55 metri di corda riesco a fare una sosta su albero fuori via, Giuliano mi raggiunge con un Prussik sulle mie corde per sicurezza, visto il miracolo per arrivare, poi arrivano anche Lorenzo e Laura, guardo il casco di Giuliano e si vede proprio dove è arrivato il sasso che ha provocato un solco. Da qui si intravede la linea originale della Calliari, ancora un tratto di friabile e finalmente in via; da qui in poi la roccia è sana e compatta, ci si può rilassare e divertire visto che le difficoltà non superano il V+, decidiamo anche di uscire per la via Astronomy che anche se presenta un grado in più, personalmente credo sia più di soddisfazione e con roccia migliore. Resta il ricordo di una via che non penso rifarò, la prima metà non mi è piaciuta per nulla e i miei amici di avventura lo confermano, comunque dopo un’avventura di questo tipo mi lascia la consapevolezza di essere un po’ più preparato per le vie future e mi da l’illusione di poter affrontare qualsia cosa.
Semper ad Altum

sabato 10 marzo 2012

Moonbears

Eccomi di nuovo ad Arco in buona compagnia di Stefano Andrea e Alice. Il sole è già alto, ci stiamo avvicinando al Dain e le pareti del Sarca mi attraggono come il miele per l'orso. Abbiamo deciso di fare una via che mi era stata consigliata da amici, solo che il nome della via aveva preso un nome che non era propriamente il suo, un pò come il gioco del telefono senza fili, il nome di mia conoscenza era tipo "Nubir" o qualcosa del genere. L'attacco della via è già noto ma non avevamo una relazione quindi il grado è un po' a sorpresa. Dopo una prima lunghezza di circa 40 metri facili notiamo una scritta che non è Nubir ma bensì Moonbears, proseguiamo dunque per questa. Guardiamo da sotto la linea da seguire e ci appare subito chiara seguendo una serie di diedri e fessure che tagliano verticalmente tutta la parete, Il mio primo pensiero è se saremo in grado di uscire da questa parete apparentemente molto difficile. Il secondo tiro e di quarto forse quinto, per ora non mi preoccupo, superiamo bene tutti questa lunghezza. Riprende avanti Stefano in alternata e' qui la difficoltà comincia a farsi sentire, tanto che lascia passare avanti Andrea (in cordata con Alice) e dopo un pò di incertezza riescono a passare. Ancora una lunghezza difficile che passo con movimenti in dulfer, davanti mi precede di poco la giovane Alice che a guardarla mi da coraggio, vista la apparente semplicità con cui affronta la parete. Guardo giù e l'esposizione si vede bene, osservando il tragitto fatto sembra impossibile essere passati proprio poco prima, guardo su e i sentimenti non cambiano: ci aspettano ancora passaggi a prima vista impossibili. Continuiamo a salire, tutto sommato ce la caviamo bene, i passaggi che prima sembravano impossibili si risolvono ora con appigli nascosti e di soddisfazione creando movimenti sinuosi che ci fanno diventare tutt'uno con la roccia, il risultato è piacere allo stato puro. Ultimi movimenti sul verticale, ormai siamo fuori, serve proprio una foto ricordo per questa via: autoscatto per noi 4 dopo aver fatto su le corde; riguardo la foto e scorgo su tutti l'espressione dell'orso dopo aver fatto una bella scorpacciata di miele, un pò di riposo poi ne cercherà ancora.


Semper ad Altum

venerdì 30 dicembre 2011

lunedì 28 novembre 2011

La Piccola Piramide

“…Facciamo una via facile, per tutti, magari corta, giacché siamo in cinque”. Queste sono le ultime parole che ci siamo dette la sera prima con Stefano, ma non so come, abbiamo fatto una via impegnativa, di forza e tecnica continua, il tutto su trecento metri che non ti lasciano tregua. La scelta è stata fatta al bar Bologna a Mori poco prima di cominciare la via, preferendola alla Baldo Groaz, reputandola vecchio stile, più alpinistica e meno protetta. All’attacco siamo in due cordate: Laura legata con me, Stefano legato con Davide e la new entry (direttamente dal corso roccia appena concluso con Laura) Lorenzo. Siamo gasati e Stefano parte seguendo un’altra cordata che ci precede di poco. Dopo una quindicina di metri lo seguo anch’io; la via si fa subito rispettare per il suo grado, il primo tiro non mi entusiasma particolarmente ma la roccia è più che buona e le protezioni ci sono abbondanti nello stile Grill (primo apritore). I ragazzi ci seguono bene su placche e pance, questo da’ motivo per continuare il secondo tiro che aumenta leggermente la difficoltà sempre sullo stile della prima lunghezza, qualcuno già si chiede se abbiamo scelto bene la via valutando la capacità di tutti…(!?!?). La terza lunghezza entra nel pieno della difficoltà dell’itinerario e seleziona chi può proseguire con due belle placche dove alcuni movimenti devono essere consecutivi: parole rassicuranti e tranquillizzanti incitano i secondi di cordata che ci seguono imperterriti. Una camminata su terrazza boschiva ci porta al quinto tiro dove in bella placca diagonale di quinto superiore mira ad un grande diedro e si sa, in placca sopra il quinto, qualche “atto di fede” bisogna farlo: “Butta il cuore oltre l’ostacolo” come dice ogni tanto Stefano. Intanto Laura mi segue senza problemi, anche se ogni tanto rallenta e fissa con forte preoccupazione Lorenzo, come se fosse slegato, su settimo grado e con roccia friabile, ma non mi risulta niente di tutto questo: Lorenzo ci segue e supera difficoltà e paure molto bene e Davide lo segue con la sua esperienza rivedendo tecniche di libera e di artificiale su staffa improvvisata. Il diedro è di roccia più chiara e si rivela compatta e articolata anche se con una linea aerea e sostenuta; in questo tratto (ma anche su tutta la via), mi sento capace e rilassato, riesco a leggere bene questa roccia che da soddisfazione come poche altre vie fatte fin ora, forse come si suol dire sono in giornata giusta. Per Stefano questo tiro non è favorevole, la falsa sicurezza di un rinvio malmesso lo fa balzare verso il basso, provocando un po’ di panico a lui e ai secondi che lo guardano impotenti dalla sosta sottostante, non si è fatto nulla ma sicuramente non affronterà il resto della via con disinvoltura. La via prosegue con continue sfide anche intriganti: uno strano tetto si supera strisciandoci sotto fino al punto più alto dove si esce con un piccolo contorsionismo, poi una fessura diagonale con una radice dove dovresti mettere le mani, il passaggio va fatto di forza poiché per i piedi è tutto liscio e marmoreo, alla penultima lunghezza un bel traverso delicato. Infine l’ultimo tiro su placca strapiombante, il tratto più difficile di tutta la via, ho perso un po’ di tempo per cercare di farlo in libera ma alla fine ho adottato la tecnica “ciapa e tira” detta anche “A 0”. Indescrivibili gli sguardi attoniti dei miei amici che uno dietro l’altro a fatica arriva alla sosta dopo aver superato il piccolo baratro. Ore sedici, siamo tutti fuori, dopo la discesa siamo alle macchine col buio.

Che altro dire? Una via che non lascia spazio alla facilità, capace di coinvolgere pienamente un arrampicatore, che regala soddisfazione a chi cerca adrenalina, su ottima roccia e ben protetta. Molto importante è stata l’ottima compagnia e supporto morale e fisico che voglio ringraziare: Stefano, Davide, Laura e Lorenzo, spero che questa esperienza possa essere stata positiva per tutti come lo è stata per me, magari la prossima volta valuteremo meglio l’itinerario più adatto, faremo una via più facile, per tutti, magari più corta…

Semper ad altum

mercoledì 26 ottobre 2011

cavalcata bassa dei denti

....voglia di arrampicare tanta nonostante sapevamo che le temperature sarebbereo state miti..ma lo stesso io e Ste ci siamo diretti verso Campogrosso per andare a vedere questa Cavalcata dei denti com'è....temperatura fuori -2, ma si va...il sole sta sorgendo e ci dirigiamo alla ricerca dell'attacco della via....ovviamente prendiamo un vajo, come c'era scritto sulla relazione,ma che forse non era quello giusto e ci troviamo a camminare a quattro zampe su delle parti cosìdette "marse" ma con molta fiducia passiamo e giungiamo all'attacco e faceva quasi caldo..chissà come mai...la roccia da subito molto bella...via ben segnalata con dei cordini e chiodi, ben protetta ma da integrare in alcuni punti...mai banale anzi e molto entusiasmante..una volta saliti sul dente da latte con dei bei passaggi:) siamo scesi per affrontare il dente grande e il mio compagno mi ha concesso l'onore di tirare questo tiro assai bello e dinamico...il sole ci stava lasciando e le temperature non erano delle migliori ma la voglia di fare sti denti era ancora tanta..quindi mezzi congelati via sopra il dente per fare una mega doppia nel vuoto...molto molto elettrizzante..per fortuna il marchand ha tenuto..hihihih...e poi via con il dente piccolo e un'altra doppia...per poi perdersi di nuovo sulla strada del ritorno giusto perchè non potevamo non prendere strade alternative se no troppo facile eh!!!!una birra e un panino ci stavano proprio e poi via verso la strada di casa ascoltando le musiche dei bimbi....

domenica 9 ottobre 2011

Via Cipriani o Spit

Passo Campogrosso, l’auto si ferma vicino al rifugio, il termometro della temperatura esterna segna tre gradi, qualche esitazione prima di aprire le portiere e affrontare il freddo e poi via a prepararci come gladiatori che scendono nell’arena. Il periodo di caldo è finito, contro il freddo ho due pail, il meteo, però ci ha promesso bel tempo, noi non abbiamo scelto una via al sole a sud, no, noi intrepidi siamo tipi da parete nord: ”Le vie a sud le lasciamo a quelli che frequentano le falesie...” ci convinciamo l’un l’altro. Stiamo cominciando una breve via di quattro tiri sul soglio Sandri Menti a nord, le mani insensibili cercano gli appigli migliori per indirizzarci nella giusta direzione, la roccia fredda e il vento gelido sono lame taglienti e dal buio guardando zone ben illuminate dal sole bramiamo di arrampicare scaldati dal sole come falesisti scartati appena un’ora prima. Dopo aver aperto un primo tiro di corda con variante “Silvan” difficile, affronto dubbioso il secondo tiro di 5+ e 5, sono un po’ fuori allenamento, non faccio una via ormai da un paio di mesi, la tratta è difficile e continua, spesso mi fermo e porto d’istinto le mani in alternata al magnesio ma è solo per far riposare le braccia, la parete è verticale e le prese sono sfuggenti, in compenso mi sono scaldato e le protezioni in loco sono ravvicinate anche se con piastrine datate, nel frattempo arrivo alla seconda sosta carico e compiaciuto. Stefano continua a mandarmi avanti, dice che lui sta bene così ance se non proseguiamo in alternata, è piaciuto anche a lui il secondo tiro e m’incoraggia ad affrontare il terzo tiro dove le difficoltà diminuiscono. La roccia continua ad offrire solidità, ma non bisogna sottovalutarla, qualcosa che si muove c’è sempre, le protezioni ora non sono più sufficienti, bisogna integrare con friends e nut, mi sto finalmente divertendo, mi ci è voluto un pochino prima di riuscire ad arrampicare con disinvoltura su questo itinerario. L’ultimo tiro non lotto molto per convincere il mio amico di ventura a proseguire da primo di cordata, penso che anche lui abbia la voglia di esprimersi in parete; da secondo osservo sempre con interesse come Stefano riesca sempre a proseguire ben protetto anche quando le possibilità di assicurarsi non sono molte. Risalgo in fretta il quarto e ultimo tiro fino al recupero un nut molto grande che non ne vuole sapere di uscire da quello spacco di roccia che lo blocca, è inutile insistere, servirà a qualcun altro che si proteggerà e tenterà invano di rubare questo dono involontario fatto da Stefano alla montagna che porta la mia firma. Stiamo imbastendo le doppie obbligatorie per scendere, siamo infreddoliti, ma l’idea di ritornare al calore del sole fa velocizzare le nostre manovre e in breve tempo con due doppie ben calcolate siamo alla base della parete. Dopo quarantacinque minuti stiamo in rifugio a brindare con radler e un panino di speck e formaggio che, sarà per la fame poiché erano le due e mezzo, ma era di una bontà senza eguali. Resta il chiaro ricordo di una via breve ma con vicende inaspettate che la caratterizzano, la prossima volta valuteremo con più giudizio il versante di esposizione della via: meglio essere due lucertole al sole che due stoccafisso in frigo.

lunedì 5 settembre 2011

26 agosto 2011 - Cima XII

In un anno dove le mie uscite praticamente si possono contare ancora in una mano o poco più, dopo una settimana di mare in totale relax, venerdì 26 agosto 2011 la tradizionale annuale escursione con papà Franco, zio Gianni, miei cugini Giovanni e Diego accompagnato dal figlio Michele.

E quest'anno la meta decisa erano le 52 gallerie per arrivare al rif. A. Papa dove mio cugino consacrato parroco lo scorso anno avrebbe celebrato una messa alla chiesetta ma....sorpresa a poche centinaia di metri da passo Xomo la strada è chiusa per lavori e non si passa...!!!! Stop decidiamo, a piedi da qua o si cambia meta?!
Via di nuovo in auto e si decide per la (non poi così) vicina Cima XII.
Scelta azzeccata, per me la prima volta, per mio padre e mio zio un ritorno dopo più di 30anni e con l'aiuto del meteo (cielo serenissimo) saliamo rapidi e facilmente gustandoci un fantastico panorama che ci porta davvero lontano lontano!

E poi su un momento davvero toccante e che resterà per sempre nel cuore; mio cugino che celebra messa a quota 2336 mt su un sasso con un panorama mozzafiato; con mille ricordi che passano e con il pensiero di chi lassù ha duramente combattuto ed è difficile non pensarci viste le cicatrici ancora presenti nella terra!!!

Da Malga Galmarara dove abbiamo trovato dei compaesani che ci hanno fatto degli ottimi panini, la salita per il sentiero è bella, divertente e non troppo impegnativa, poi sulla vetta la messa con escursionisti sorpresi e divertiti dall'imprevista celebrazione (definita da un personaggio una "Messa multietnica", mah...eravamo tutti veneti), poi pranzo, foto di vetta e giù per la mulattiera! Una tranquilla giornata passata con famigliari con cui sempre si sta bene!



E al ritorno in malga una sorpresa nata la mattina stessa!!!

Volevo rendervi partecipi anche di questa esperienza sicuramente diversa da quelle narrate in questo nostro sito!!!

giovedì 18 agosto 2011

Via Consiglio Lagazuoi Nord

“Perché svegliarsi presto e andare direttamente all’attacco della via? Ma no, meglio fare prima un giro turistico della zona, anzi meglio ancora: facciamo il sentiero 20B al contrario”. Avrei voluto pensare di proposito in questo modo ma ahimè un errore clamoroso ci fa partire sulla via Consiglio alle 11.00. E’ come se per fare pochi chilometri si prendesse la tangenziale che gira attorno alla città al contrario. Siamo stanchi per la “scarpinata”, un po’ giù di tono per l’orario che quasi ci fa rinunciare, ma mi sento in forma e propongo a Stefano di cominciare l’avventura a costo di tirarmi tutta la via da primo. L’itinerario è in un ambiente severo, all’ombra, con poche tracce di passaggio, soste esistenti quasi tutte, in via c’è qualche chiodo ma bisogna integrare parecchio e non sempre è possibile proteggersi, più che buona la roccia a parte gli ultimi tiri: in concreto una frana pronta a scaricare di sotto. Il tracciato ci mette alla prova con “caminacci” umidi e linee logiche seguendo i punti di minor resistenza tipica degli anni ’50 quindi anche con passaggi detritici. Ora tocca a me e a un certo punto trovo finalmente qualche chiodo (comunque da controllare), dopo qualche metro guardando in alto vedo un cordone sopra un pilastrino di circa tre metri, subito cerco di raggiungerlo convinto fosse la mia sosta e con fatica e difficoltà al limite delle mie capacità riesco nell’impresa ma mi accorgo che il cordone è abbandonato a se stesso. Ricontrollo la relazione che fortunatamente riporta un cordone abbandonato a destra della mia sosta che comunque non vedo. Il materiale per l’assicurazione è tutto messo in parete, ho fatto anche dei rinvii improvvisati con i moschettoni con ghiera; con un atto di fede faccio un traverso a sinistra molto arduo aiutandomi con il lungo cordone, un ultimo sforzo e raggiungo una cengia trovando anche la sosta, probabilmente altri prima di me sono incappati in questo errore. Stefano mi segue attento nei movimenti talvolta difficoltosi, ci scambiamo idee sui passaggi più logici da percorrere per proseguire. Devo veramente impegnarmi per trovare punti di assicurazione, più di qualche volta devo chiodare sulla via e sulle soste dando un tono pionieristico al tracciato. Bisogna fare molta attenzione alle scariche di sassi che sono in bilico su alcune banche detritiche alla fine della via, fortunatamente non abbiamo cordate sotto di noi, sicuramente siamo tra i primi a ripeterla quest’anno. Ancora un caminetto e siamo fuori, mettiamo le scarpe in fretta, facciamo su le corde, ma anche trovare la discesa non è facilissimo, alcuni salti di roccia e un canalino insidioso ci porta sulle facili ghiaie che scendono al sentiero. E’ tardi ma che importa dopo questa via sembra che nulla ci possa più intaccare e ci sbrighiamo a raggiungere una radler che abbiamo sognato in via. Qualsiasi scalatore sa che il grado di difficoltà non è l’unica cosa da considerare di una via in montagna di fatti, anche se su carta questa via prometteva gradi abbastanza semplici, in realtà non è stato così, resta comunque un’esperienza intensa che mi ha fortificato facendomi considerare un lato diverso della montagna che normalmente frequento, sentendomi più forte e pronto per un’altra avventura.


domenica 31 luglio 2011

Via "Paolo Amedeo"

Ci sono delle giornate, e chi va in montagna lo sa bene, in cui tutto gira storto.
Altre invece in cui tutto o quasi sembra andare per il verso giusto.
Il ritrovo è alle 5.30 a S.vito di Vigonza, a casa di Silvan. Meta una via sui lastoni di Formin, per la precisione la Via Bonetti Mezzacasa. "Non arrampico in montagna sopra il terzo grado, da un mese" avevo detto a Silvan la sera prima... così avevamo deciso per la via dei Bolognesi che attraversa nel mezzo le placconate di Formin. Poi il tarlo aveva lavorato, così alla mattina strada facendo propongo a Silvan la via "Paolo Amedeo", sul poco distante torrione Marcella. Qualcuno me ne aveva parlato bene... detto fatto, alle 9.20, dopo 45 minuti di piacevole passeggiata nel bosco a saltare ruscelli, siamo all'attacco. La via è molto piacevole, mai banale, a tratti impegnativa. Ci alterniamo al comando negli otto tiri, che, sempre su roccia abbastanza salda, portano in cima al torrione. R occia abbastanza salda... infatti al quinto tiro Silvan, da secondo, partito da quattro metri, precipita fino alla sosta con dieci chili di dolomia in mano... grazie anche alla mia assicurazione un po' lasca :-) fatto salvo questo piccolo incidente risoltosi senza conseguenze, faccio i miei complimenti al compare, oggi quanto mai attento e preciso, deciso sui tiri che gli sono capitati, per nulla banali. Alle 13.45 siamo in cima al torrione, segue la facile discesa, birra, panino e a casa... Una giornata piacevole, per tirare il fiato. Una bella via e di soddisfazione, un grande compagno con cui condividere la fatica. Come aveva scritto un alpinista famoso "tempo per riflettere, tempo per respirare".
Alla prossima

domenica 17 luglio 2011

campanile Val Montanaia

eccoci finalmente al nostro tanto atteso campanile...
sveglia presto e durante il viaggio in macchina io e Silvan parliamo del più e del meno, qualche sbadiglio qua e là fino ad entrare nella valle....come mi ha detto lui:"Sembra la valle di cappuccetto rosso"..e così era..un mix di colori, degli squarci di cielo e montagna tra la vegetazione, questa strada che porta al Rif. Pordenone splendida....
ci prepariamo e poi via..intanto verso il caffè e un pezzo di torta..Il boss sapeva che oggi si sarebbe portata dietro una zoppa che poi tutto sommato nn ha dato tanti problemi..:)
iniziamo la salita dapprima dolce poi molto più ripida e impegnativa..il cielo era coperto ma faceva un gran caldo...la gente cominciava a salire e la voglia di arrivare alla base anche passo dopo passo nonostante la fatica...ogni tanto qlc breve pausa di qualche secondo per farmi tirare il fiato e riposare la caviglia e poi su come dei treni...in un'oretta e mezza siamo alla base, pronti per partire ma bisogna prendere il bigliettino del supermercato..e così aspettiamo...
una cordata dietro l'altra...un po' stretto arrampicare così..ma per lo meno tutti ragazzi alla mano e simpatici che cantavano e riempivano il silenzio della valle..poi dal terzo tiro via da soli...uno stacco dagli ultimi e si inizia ad arrampicare veloci ma delicati come sappiamo fare..la fessura Cozzi...bravo Silvan..direi un po' liscia..tu che dici?!ma poi tutto benissimo in alternata ci siamo portati su alla cima dove la campana ci aspettava...che sensazione strana suonarla..mi è sembrato come chiedere il permesso a qualcuno per entrare...in discesa ci siamo uniti ad altri quattro ragazzi e una doppia dopo l'altra via verso il basso...la calata Piaz troppo entusiasmante nel vuoto poter roteare di qui e di li, nn avere appoggi e sapere che sei tu, la corda e il vuoto a gestire il tutto e sentire la libertà e la leggerezza del nulla...le nuvole stavano scendendo, la temperatura teneva ancora e via verso il basso con i ragazzi di Pordenone conosciuti strada facendo..qualche nozione di botanica e il sentiero del rientro ha messo a dura prova le articolazioni ma la soddisfazione di aver scalato il tanto amato e atteso campanile ci ha fatto scendere veloci...al Rif. Pordenone poi un panino e la birra e la calda ospitalità ci ha fatto raggiungere la pace e tranquillità..la pioggia ha aspettato che arrivassimo alla macchina per scendere come un torrente in piena...:)
dopo tre sett di stop è stato un grande ritorno per me e grazie boss di tutto!!come sempre una gioia e un divertimento arrampicare con te!!e che nn ci siamo nemmeno persi....strano!!??
Laura

giovedì 7 luglio 2011

Ferrata Marino Bianchi

E rieccoci qui a scrivere...non narrerò un'impresa grandiosa ma una giornata che nel complesso è stata tutta un'avventura!!!
Partenza puntuali ore 6:00 e già lì un messaggio ci arriva: io aspetto Chicco in un park e lui in un altro!
Poi via, su direzione Cortina!!!
Premessa: la sera prima io una cena con colleghi di lavoro, le previsioni preannunciavano temporali nel pomeriggio quindi la scelta doveva ricadere in un qualcosa di corto e non troppo difficile visto da quanto non toccavamo una montagna! E quindi eccoci partiti per la ferrata Marino Bianchi che già mi aveva respinto per neve (sia a terra che dal cielo).
Siamo per strada allegri e felici e di colpo gli allarmi della mia auto iniziano a suonare e la Valvola EGR decide di andare in ferie (oggi la stanno riparando) ma senza demordere e con molta potenza in meno in 3 ore e mezzo raggiungiamo Cortina! E poi via su, veloci per il sentiero fino al primo rifugio senza pensare di prendere la funivia ma poi, il canalone è troppo ripido e quindi optiamo per la bidonvia....!!!
Qui, un po per far teatro e un po perchè non li ritengo la cosa più affidabile al mondo, dimostro ad Enrico che non sono poi così tranquillo a stare là dentro ma si sale.....



E scesi da quella cabina telefonica senza cornetta ci imbraghiamo veloci e partiamo prima di una ventina di persone convinti di aver superato tutti ma invece il calvario ha solo inizio.... sembrava di essere al supermercato con una sola cassa aperta.....Tedeschi, Austriaci, Italiani, Inglesi, Cechi e altre nazionalità non indicate si erano riunite in quella ferrata!!! Ma non demordiamo e un passo alla volta, spesso staccati per superare siamo arrivati in vetta godendoci un panorama mozzafiato a 360°......
Anche qui ora è passato il GASP...




E poi anche la discesa come per la salita con l'aggiunta di aiutare anche qualcuno in salita! Ma alla fine giunti in auto prima della pioggia e tornati alla solita velocità ridotta posso proprio dire che son sempre contento di queste uscite magari non alpinisticamente di spicco ma passate con un grande amico!!!

Semper ad altum!!!!

martedì 21 giugno 2011

Cresta delle Emozioni

Sicuramente indovinato il nome di questa via, anche se il signor Castagna forse non si riferiva alle emozioni provate dalle nostre due cordate: Stefano con Alessio e Davide con me. Arrivati sul posto, notiamo subito i residui della pioggia caduta la notte che assieme al vento forte aveva picchiato la zona. Arrivati velocemente all’attacco, non riusciamo a tenerci incolumi dal fango, infatti, azzerando nella difficile partenza, tingo la roccia con la patina marrone delle scarpette cercando invano un punto di aderenza. Arrivo alla prima sosta in stile Rollerblade in salita, assicurandomi anche su una radice scoperta scavando a mani nude nel fango, tutto questo poteva essere un buon motivo per ritornare sui nostri passi ma, consultandomi con gli altri, continuo sperando in un miglioramento del tipo di terreno. In effetti, più su la roccia migliora, più asciutta, fango non ce n’è. Si alternano passaggi semplici con tratti più impegnativi, uno in particolare devo capirlo un pochino prima di superarlo, stretto in un camino dove i movimenti non sono liberi e intuitivi, perdo un po’ di tempo cercando di proteggermi e non vedo un chiodo che mi avrebbe dato una maggior sicurezza mentale: fa sempre un certo effetto quando la difficoltà resta alta e l’ultimo punto di sicurezza certa si allontana sempre più sotto i tuoi piedi. Anche i miei amici ritardano in quel punto, mi rincuora sapere che anche gli altri hanno avuto difficoltà e ripresa la fiducia in me stesso continuo su spigolo verticale compatto con qualche passaggio tecnico ma di piena soddisfazione. Le nuvole basse fanno temere il peggio ma non piove e con questa strana atmosfera passiamo su un terrazzo sospeso molto suggestivo, poi continuiamo su crestine e guglie, aeree ed emozionanti. Seguendo su e giù la cresta faccio l’errore di saltare una sosta facendo due tiri concatenati, blocco fatalmente le corde creando uno “stendibiancheria” sul punto più basso; per fortuna Stefano fermandosi correttamente alla sosta giusta mi accompagna le corde mentre le recupero. Ancora una lunghezza, la via è giunta al termine, mentre aspetto la seconda cordata con Davide, prepariamo la doppia che ci porta trenta metri più sotto fino al sentiero. Mi resterà un bel ricordo di questa via grazie a chi l’ha vissuta con me: Davide per la sicurezza che ha e la fiducia che m’infonde, Stefano per la professionalità e il rispetto verso di noi e per la montagna, Alessio per l’umiltà e l’audacia trovata in questa via che ha regalato veramente a tutti noi forti emozioni.


Semper ad altum.

venerdì 3 giugno 2011

Col dei Bos, via Alverà Menardi

Ore 4 e 20: La montagna chiama ed io da bravo soldato rispondo. Siamo in tre stamattina a rispondere alla chiamata: Stefano, Alessio ed io; anche se è presto, anche se siamo assonnati, anche se le previsioni non sono delle migliori, noi ci siamo perché quando la montagna chiama, lo fa in maniera autorevole e non ti puoi rifiutare. Col dei Bos, via Menardi Alverà, Stefano parte ma non è convintissimo, lo stimoliamo senza molto successo, probabilmente non ha fatto una gran notte, lo si vede dall’espressione. Intanto ci ha portati fino alla 5° sosta e mentre medita di cedermi il posto al passaggio chiave del 6° tiro trovo, non so come, le parole giuste per convincerlo a provarci e qui accade il miracolo: quando lo raggiungiamo superando il camino e la successiva fessura a fatica fino alla sosta, lo vediamo completamente risvegliato, con Alessio arriviamo alla conclusione che gli abbia fatto bene un po’ di adrenalina. A questo punto tocca me e arrivo abbastanza agevolmente alla 12° sosta, intanto il tempo si alterna con nuvoloni, pioggerellina e schiarite, in molti tratti il vento e il freddo si fa sentire anche con il pail antivento, soprattutto quando spesso si nasconde il sole; guardando Alessio che veste con una magliettina tecnica e il senzamaniche del GASP, non capisco come riesca a sopportare quel clima. Esco dalla nicchia su uno stretto camino alla 13° lunghezza, la relazione parla di soli 8 metri elettrizzanti. Mi alzo e con casco e torace incastrato mi dimeno inutilmente per salire ulteriormente: dentro la fessura non si passa; mi porto all’esterno e con movimenti amorfi e innaturali mi trovo come un tappo tra la roccia, insistendo riesco a risalire tra imprecazioni e lo sguardo sbigottito dei miei amici che, ripercorrendo poi la stessa traccia, comprendono a loro spese lo strano passaggio da circo. Comincia a piovigginare nuovamente, ma che importa, ancora un ultimo facile canale e siamo fuori dalla via, torna di nuovo il sole. Sopra al Col dei Bos è meraviglioso: un prato pianeggiante con qualche masso bianco qua e la, ad Est sovrasta lo sguardo imponente la Tofana di Rozes con la parte alta ancora bianca, sembra quasi di poterla toccare da quanto grande è. Dopo questa via, essere qui sopra e stringerci la mano prende un valore maggiore, ci sentiamo in sintonia anche con noi stessi, il detto “tocco il cielo con un dito” mi piace pensare sia stato inventato su una di queste alture. Resta da fare la solita procedura standard: qualcosa da mettere nello stomaco, foto di vetta, corde e zaini in spalla e giù per il facile sentiero aggirando le chiazze di neve restate sul crinale. Ore 17.00, la nostra missione l’abbiamo adempiuta alla grande, la montagna ci da la libera uscita, siamo consapevoli che potrebbe chiamare al più presto.


Semper ad altum.

domenica 8 maggio 2011

Benedizione delle corde e dei materiali!!!

Sveglia quasi all'alba oggi per Stefano, Davide ed Andrea che hanno presenziato alla SS. Messa del CAI a Teolo ai piedi di Rocca Pendice e successivamente alla rituale ed annuale benedizione delle corde e dei materiali!
Poi il gruppo si è diviso con Stefano che è andato al corso di Alpinismo 2 mentre Davide ed Andrea sono andati a fare qualche tiretto e una lezione fulll immersion su manovre di recupero!
Mattinata domenicale in compagnia di amici!!!

lunedì 2 maggio 2011

Battesimo piccolo Davide

Ieri 01.05.2011 il G.A.S.P. era presente per festeggiare il battesimo del piccolo Davide che assieme a mamma Licia e papà Stefano con il padrino Massimiliano e la madrina Anna (spero di ricordare il nome giusto altrimenti chiedo venia) è entrato a far parte della famiglia cristiana!
Un rinnovato benvenuto al futuro grande alpinista figlio d'arte (ora mi sono scavato la fossa da solo, vero Licia?!) e un grazie a tutta la famiglia Rova & Company per la festa e la mangiata che ha seguito la cerimonia!!!!

sabato 23 aprile 2011

Diretta Carlesso al Baffelan

È un po’ di tempo che non facevo con i miei amici una via di roccia, così l’occasione è venuta oggi organizzata con un certo anticipo con Stefano, poi si è aggiunta Laura: tutti al Baffelan a fare una via aperta da un magazziniere che tra il 1932 e il 1933 decide di aprire alcune tra le più importanti vie nelle Piccole Dolomiti tra cui quella che abbiamo fatto noi, quel signore era un certo Raffaele Carlesso. La via ha i primi due tiri in comune con la via Carugati e secondo me sono i tiri più bruttini poiché comincia con un canale/camino umido e insidioso. Per fortuna poi il tracciato cambia completamente in positivo: la roccia si fa più salda e l’arrampicata diventa bella, esaltante. Dal terzo tiro in poi c’è una continuità di grado e di modo d’arrampicare, i chiodi scarseggiano ma c’è la possibilità di integrare e la linea è logica vincendo quasi direttamente tutta la parete. Stefano e Laura mi fanno l’onore di condurre da primo di cordata, sono contento di questo, visto che l’avevo già fatta questa via nel 2008 con il corso di roccia, ma l’avevo fatta spensieratamente da secondo di cordata; rifarla da primo mi ha fatto prendere coscienza di quanto fosse bella una via di questo tipo, con la sua logica, soprattutto nei passaggi chiave dove ripensavo al signor Carlesso con i suoi scarponi e la sua tenuta alpinistica anni ’30, lui si che era un vero alpinista e non io con la mia super dotazione extra sicura e tecnologica, avesse avuto lui una dotazione così … Stefano e Laura intanto mi seguono con con gli occhi e con voci amiche che sostengono il mio morale nei passaggi più impegnativi e alle soste dove mi danno nuovo vigore per una nuova lunghezza. Non siamo stati “schegge” per arrivare in cima comunque siamo stati perseveranti e continui; Stefano spalla sicura: qualora dovessi fare una via impegnativa, vorrei essere con lui, anche Laura ad ogni nuova uscita migliora a vista d’occhio, ora gli manca solo un po’ di più fiducia nelle proprie capacità. Una volta arrivati su alla croce l’ambiente attorno ha qualcosa di spirituale, un ringraziamento spontaneo silenzioso e un segno di quella croce che portava Chi ha creato quelle alture che amo tanto e quel panorama tutt’intorno a 360 gradi sotto di noi. L’aria è fresca e i nostri sentimenti sono quelli che si hanno dopo una grande scalata, ottenuta solo dopo aver superato le più disparate difficoltà. doverosa foto di gruppo e poi giù per roccette non facili, deviando poi per una “frana” in forte pendenza inseguendo due personaggi che pensavamo facessero una via più facile. Al rifugio Campogrosso davanti ad una Radler ci ridavamo sopra, ma poco prima in quella pendenza non c’era molto da ridere, ma che importa il pericolo è scampato e se ci sarà un’altra volta scenderemo per un’altra strada. Chiudo gli occhi nel divano di casa, una sensazione forte mi sembra di vedere un film dove sto ancora arrampicando in quella parete, questo significa o che una parte di me è restata la, oppure ho portato a casa un po’ di montagna e questo mi fa stare bene.

Semper ad altum.

domenica 13 marzo 2011

Al Pirio

Ore 07:30 di domenica mattina suona il telefono di Andrea: pronto ciao Seila, aa no cia Davide! Ciao, (voce da sonno) vara che piove! Andrea: bon, ciao notte! Tu tu tu tu tu.....

Prefazione: il giorno prima i due si erano accordati che se il meteo concedeva andavano al pirio a fare una via in libera e poi a provarne una completamente in artificiale, attrezzandola! Ma piove!

Ore 10:00, telefono di Andrea: drinnnn, drinnnn, drinnnn, drinnnn, drinnnn, pronto, ciao dime (voce da appena svegliato)! Davide: cossa dito de ndare oncò pomeriggio; Andrea: dai fatta, se sentimo alle 13:00 e se non piove si parte! Ovviamente decisi nonostante il tempo ma gocciola! Arriviamo là e bardati con superzaini da Big Wall ci accingiamo sotto le prime gocce tra pozzanghere d'acqua alla base della parete. Vestito provo a salire ma si scivola, aggiriamo, voglio arrivare alla prima sosta per mettere giù una corda ma è tutto muschio e ancora peggio!!!
No fermi qua se femo tanto mae!
Stiamo per decidere di andare sopra e scendere a doppie quando in saggio Davide prevede che di lì a poco quelle poche gocce sarebbero diventate pioggia.
Decidiamo per fare manovre, prove di attrezzatura di soste, di protezioni e progressione in artificiale fino a quando le previsioni di Davide sono divenute realtà e ce ne siamo tornati a casa belli che bagnati!
Un caffè e dolce di mamma Carraro ed un altro pomeriggio alternativo ma alla fine divertente è passato!!!
Ps.... il Hooks el tien da dio....!!!! ;)

I nostri zaini:


Schievenin

Arco o non Arco, questo era il dilemma del venerdì sera! Dilemma che nasceva dopo aver visionato le previsioni meteo! Ed è così che, il sabato mattina Stefano, Silvano e Andrea partirono alla volta di........Schievenin!
Beh oh......almanco mae che a vaga se femo on panin a La Speranza!
Scherzi apparte, arrivati in valle si accingono al Torrione degli Zingari e attaccano la via Ignazu; due tiri che entusiasmano... beh diciamo la verità, il primo ci diverte fin da subito, bei passaggini, mai banale ma neanche impossibile, con un bel passaggio che scalda anima e cuore! Ma la sosta è buona e i tre si ritrovano tutti là! E' la volta di Stefano che parte tralasciando un facile camino di IV e spostandosi in una sorta di diedro/paretina ben più difficile, rumegosa in alcuni tratti e con roccia non sempre buona, ah dimenticavo praticamente sprotetta! Ma non è questo a fermarlo, anzi con calma, sapienza bravura posiziona una buona dose di "cavalleria pesante" più che dovuta e sconfigge anche questo tiro e poi su anche noi due...! Alla seconda sosta posta in una erbosa e scivolosa cengia decidiamo che l'ultimo facile e ancora più rumegoso tiretto lo lasciamo là e ce ne scendiamo con due belle doppie!!! Silvan i cordini dea prima me fasea paura e i fasea anca on rumore strano ma...ti che te me rimonti a sosta dea seconda doppia dopo che a ghemo trovà desvidà e con dado e piastrina partera, beh quello è stato il massimo!!!!
E poi altre due belle vie a monotiri, belle toste e dure e una delle quali per Andrea erano un grado sopra la sua abilità!
Bella giornata in compagnia!!!!

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domenica 30 gennaio 2011

Via del Dottore

“… Laura parto, anca se no vedo spit o ciodi. Ah eco go visto dei spit qua visin a sinistra”. “Silvan ma sito sicuro che sia secondo, terso? Pi che altro semo so a via giusta?” Effettivamente eravamo non all’inizio della Via Del Dottore, ma sulla via vicina “Te Lo Do Io Il Colorado”, quindi con passaggi più impegnativi; meglio così, risulta sicuramente più sicura che non arrampicare su “una frana” con grado più facile. La scelta è stata fatta per poter fare una via meno impegnativa della volta precedente (vedi commento via Teresa) e la cosa si è vista funzionare fin dal mattino visto che la pasticceria Bologna a Mori non era più in ferie e un incontro fortunato con altri climbers ci ha indicato il posto giusto, visto che ne io ne Laura ricordavamo il posto esatto della parete. Il tracciato si dimostra appassionante con tratti esposti, impegnativi ed eleganti, da segnalare un traverso delicato di sesto, uno strapiombo con uscita tecnica, un bel diedro di una quindicina di metri in diagonale e un altro diedrino completamente sprotetto al penultimo tiro, affrontato da Laura che se avesse avuto dei friends si sarebbe anche protetta, ma non era il suo caso e ispirata probabilmente dal sig. Messner (si dice che su una lunghezza di corda gli basta un chiodo a metà) ha affrontato una ventina di metri sprotetta con un diedro finale impegnativo. Non mancavano nel tracciato tratti di terra e di bosco che sporcavano le scarpette rischiando una successiva scivolata, fortunatamente questi punti fastidiosi erano pochi e brevi; la roccia comunque mi piaceva e nella maggior parte dei casi salda, anche se bisognava tastare e ogni tanto qualcosa si muoveva. Avevo già sentito parlare di questa via, chi ne parlava bene e chi male, io l’ho trovata interessante e la consiglio soprattutto a chi si sta avvicinando al sesto grado. Sono stato contento di aver arrampicato ancora una volta con Laura che sta prendendo sempre più sicurezza sulla roccia affrontando e risolvendo situazioni anche difficili: l’infermiera che ha affrontato “Il Dottore” ed io ne sono testimone.

domenica 23 gennaio 2011

-3 gradi...via teresa-via luna '85?

l'arrampicata è come uno stile di vita....ti fa crescere, ti fa sognare, lottare, tirare fuori unghie e denti, sorridere, ammirare il mondo dall'altro, arrivare dove altri non arrivano, ti insegna a non mollare ma anche a conoscere il proprio limite e a chiedere aiuto..il proprio compagno di corda è colui che sta con te, che nn ti lascia, con cui condividi emozioni forti, che sai mai ti abbadonerà..
sabato 22 gennaio io e Silvan siamo partiti per fare via teresa alle placche zebrate...una via a tratti impegnativa ma tutto sommato fattibile...già la giornata non inizia nei migliori dei modi poichè la pasticceria di Mori è chiusa...e pure il bar alle placche...e già qui la cosa mi puzzava..però nonostante il vento il sole sorgeva alto, imponente e ti metteva addosso tutta la voglia di andare..
così partiamo...dopo aver cercato l'attacco..trovato un pezzo di moschettone, due calzini e una scarpa, intravedo su un masso una scritta che in teoria dalla guida doveva essere nera invece era bianca e su cui con molta ma molta fantasia potevo leggere TERESA...
Parte il mitico boss...poi lo seguo io..tutto bene..via su veloci...ma ecco il primo traverso...magico lui che riesce a passarlo senza difficoltà..mi escogita un archibugio per farmi passare e mi dice che è così che si passa in artificiale e io rispondo che allora mi sa proprio che nn fa per me...continuiamo in alternata..via bella ma gli spit difficili da vedere..i piedi e le mani stavano discretamente finchè le soste erano al sole..ma ahimè....iniziavano quelle all'ombra...vedo Silvan tremare dal freddo..a me sembrava di essere un ghiacciolo...gli spit quasi invisibili e la mappa della via davvero poco precisa.. non si vedono gli spit così ci spostiamo di qui e di là in cerca della via giusta...continuiamo ancora su un traverso 5c a cui seguiva un tratto di 5b..Silvan eccezzioanle come sempre... io lo passo meglio e ancora su..non c'era tempo da perdere...il sole non c'era più...stava iniziando a calare...dovevano mancare pochi tiri..gli ultimi tre così attacco io e lo lascio riposare dopo la faticaccia...parto vado su tranquilla ma ad un tratto mi blocco....una sensazione strana che mi dice di non andare su da prima...così recupero lui e prosegue...altro che 4a.....intanto il freddo avanza....continua non si sa per dove, non si sa per quale via di certo non per la nostra...all'ombra era tremendo...mi saliva la voglia di tornare a casa..ma di finire questa via che ci ha fatto faticare ed entrare il freddo nelle ossa...Silvan stanco ormai continua su passaggi di 6a..io lo seguo senza pensare, senza chiedermi, solo con la voglia di uscire perchè il cielo era ormai rosso e la consapevolezza di non essere ancora usciti con il buio un po' mi agitava..ma sapevo che bisognava finirla a tutti i costi....
Silvan saliva e saliva...i minuti sembravano ore....mani e piedi per me erano un blocco unico...le lacrime ormai erano arrivate ai miei occhi ma mai avrei mollato anche solo per la fatica che lui stava facendo anche per me...ad un tratto gli ho detto: "portami fuori e a casa" e non mi ero accorta che eravamo alla fine...le lacrime sono scoppiate e la sua cioccolata mi ha fatto rinvigorire subito...7 ore e trenta di parete senza mangiare e bere...su una via non nostra e senza sapere cosa ci aspettava...siamo scesi ridendo e scherzando per il sentiero di massi...alla luce della luna la parete spiccava maestosa...sembravamo il gufo e la civetta che nel buio sanno dove mettere i piedi e che si fanno compagnia nella notte...
mai come oggi mi sono sentita compagna di questo viaggio insieme..le difficoltà molte a partire dal freddo..Boss sei stato davvero un grande...hai tenuto duro fino alla fine e mi hai fatto uscire...però non è giusto che ogni volta mi fai fare un pezzo di luna '85...l'altra volta un passaggio..questa volta due o tre..tutti di 6a..ormai l'ho fatta quasi tutta..basta dirlo che sabato prossimo andiamo a farla così ti togli lo sfizio..anche perchè adesso l'hai assaggiata così poi te la gusteresti tutta!!!!
una giornata unica..difficile ma di crescita..ho scoperto un lato di me che non conoscevo, fragile ma forte...e un amico nonchè il compagno di corda speciale come sempre...
grazie di cuore!!!
Laura

giovedì 6 gennaio 2011

Vaio della Bottiglia

Ecco la ricetta giusta per superare la pausa delle feste e tonificare il proprio corpo senza traumi (o quasi). Si decide un giorno libero da impegni, si cercano amici per condividere l’evento, si sceglie una meta per fare una salutare passeggiata, si cerca di sfruttare bene la giornata lavorando sulla muscolatura senza esagerare, specialmente se fuori allenamento e/o se si è esagerato con cibarie impegnative e ripetute, oziando nel periodo natalizio. Tutto questo avrebbe un senso logico sennonché la meta non fosse stata il Vaio della Bottiglia alle Piccole Dolomiti e forse ci è sfuggito il fatto che dislivelli da mille metri (circa) e canali a quaranta o quarantacinque gradi con neve fresca probabilmente bisogna affrontarli con un po’ più di allenamento. La nostra guida Alessio (nominata guida da me e Stefano per maggior esperienza nel campo) consiglia partenza alle cinque, e dopo doverosa colazione per strada, arriviamo al rifugio La Guardia con temperatura esterna di meno quattordici. Ci prepariamo e mentre si aspetta saltellando sul posto per non far ghiacciare anche il sangue, c’è chi cerca di organizzare al momento lo zaino ancora vuoto con borse borsette e attrezzature varie, gli altri aspettano increduli mentre il freddo domina il corpo e i pensieri. Dopo trentacinque minuti siamo a Campogrosso, e poi giù al primo ponte del sentiero, ci stiamo muovendo veloci e intravediamo già la nostra meta a destra del Molare, a vedere quella lunga lingua di neve da qua sembra molto verticale e fa impressione sapere che da lì a poco saremo proprio la. Nel frattempo troviamo uno sci alpinista che, mentre opera velocemente con le pelli di foca, scambiamo qualche opinione su come approcciarsi al vaio e comprendendo che conosce la zona ci consiglia un avvicinamento diverso dal previsto, effettivamente la pista da lui indicata è battuta e guadagniamo velocemente quota. Traversiamo fino ad una forcella, io sono già stanco mentre Alessio e Stefano sembrano controllare bene la fatica, ripenso a mia moglie che, anche se non è una alpinista, sembrava sapesse già che mi aspettava fatica e freddo, in effetti se penso al mio letto caldo e comodo abbandonato alle quattro e mezza mi viene quasi da darle ragione, ma neanche stavolta gli darò la soddisfazione della ragione. Dopo qualche saliscendi calziamo i ramponi, imbocchiamo il nostro canale, all’inizio facile ma, in alcuni tratti, neve fino al ginocchio, poi salendo gradi impegnativi che richiedono forza e tecnica, in qualche punto sento l’esigenza di una seconda piccozza, sia per la sicurezza sia per fare meno fatica. Siamo saliti un bel po’, mi sto divertendo, mi sento padrone della situazione, anche i miei amici si sentono in sintonia con l’ambiente, dei camosci sopra di noi ci sono venuti a salutare, arrivati forse dal vaio omonimo vicino. Guardiamo giù e verifichiamo che bisogna scendere piano e con attenzione faccia a monte, l’orologio ci dice che è tardi anche se mancano solo settanta ottanta metri all’uscita e con nostro rammarico facciamo inversione di marcia. Scendiamo prima adagio, poi più veloci faccia a valle ed ecco il nostro primo ostacolo: un salto di due tre metri con rocce e neve ci sbarra la strada; cerchiamo un tragitto alternativo ma apparentemente non c’è, quindi tiro fuori la corda dallo zaino e preparo con Stefano una doppia su due rami scovati sotto la neve. Scendo “alla Piaz”, poiché non ho voglia di tirar fuori l’imbrago per qualche metro di doppia, mi segue a ruota Alessio che tenta un nuovo metodo da lui inventato al momento ma alla fine applica la mia stessa tecnica, poi Stefano che calzava già l’imbrago. Discendiamo altri cinquanta metri ma non possiamo credere ai nostri occhi quando ci troviamo davanti ad un altro salto di sei sette metri senza possibilità di fissare una doppia, a questo punto all’unanimità scegliamo di ritornare su sui nostri passi fino al bivio che arriva dalla forcella fatto all’andata. Con un ennesimo sforzo, sulle tracce ormai coperte da continue cascatelle di neve, risaliamo a fatica (almeno per quel che mi riguarda) ancora una volta su neve fresca e raggiungendo in seguito la forcella tanto sospirata. Un po’ di cioccolata e tè bollente, poi giù ricalcando la pista del ritorno, prima un traverso in falso piano poi una gran discesa tipo pista da sci, tant’è che più volte Alessio avrebbe voluto avere i sui sci. In pochi minuti eravamo al ponte del sentiero, io ho tutte le gambe indolenzite ma ormai le difficoltà sono finite; via i ramponi, fondamentali protagonisti del giro, poi puntiamo prima a Campogrosso e poi nuovamente sulla strada ghiacciata che porta a La Guardia sulla quale più volte sono scivolato come un clown al circo rischiando brutte contusioni applaudito da Stefano e Alessio pubblico non pagante. Che dire: forse quando sentirò parlare in futuro di “vaio” cercherò di farmi trovare più in forma e allenato, ringrazio i miei amici Stefano e Alessio che mi hanno permesso di fare questa esperienza pur sempre impegnativa ma bella in un ambiente che amo e che rispetto. Con questo giro dichiaro chiusa la pausa delle feste ed è chiaro ormai che ho cominciato ad allenarmi, forse con una “scheda allenamento” un po’ pesante come primo giorno.

Semper ad altum.